the european biennial of contemporary art
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ROVERETO

ADAM BUDAK: "PRINCIPLE HOPE"

EX PETERLINI, VIA SAVIOLI 20 – MANIFATTURA TABACCHI, PIAZZA MANIFATTURA 1 – STAZIONE FERROVIARIA, PIAZZALE ORSI

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Il progetto espositivo sviluppato dall’ equipe curatoriale di Adam Budak per Manifesta 7 (Nina Möntmann, Tobi Maier, Krist Gruijthuijsen, Office for Cognitive Urbanism – Christian Teckert e Andreas Spiegl), si focalizza sulla mappatura e sull’analisi dell’ecologia – sia culturale che politica- dello spazio e del suo carattere pubblico. In quanto tale, mira all’elaborazione di strategie (espositive) provvisorie e allo sviluppo di strumenti di (discussione) critica che conducano verso UN ALTRO (manifesto cortese per lo) spazio pubblico.
La nozione di “regionalismo critico”, introdotta dal teorico dell’architettura Kenneth Frampton, svolge la funzione di supporto sulla base della quale proporre una riconsiderazione del “vernacolare” e articolare un nuovo lessico attorno al concetto di trans-località. Tale idea, che definisce uno spazio pubblico come zona di scambio di molteplici valori, concentra dunque la propria area di indagine sull’individuazione del luogo “proprio” del discorso pubblico, tra una pluralità di definizioni e la precarietà caratteristica delle questioni pubbliche. Una varietà di proprietà qualitative ed economiche sarà messa in gioco: a partire dallo spazio “proprio” (proprietà), passando per lo spazio “legale” (possesso e legalità) per arrivare allo spazio autonomo (emancipazione) fino a giungere ad una precisa mappatura delle “peculiarità di un luogo particolare”.
Il regionalismo critico – “una vita locale consapevole di se stessa”- viene utilizzato come mezzo per risolvere le tensioni tra globale e locale, modernità e tradizione, costituendo in questo modo una forma di resistenza, ovvero una decisa reazione alla norma, a standard, pratiche e forme – oltre che a condizioni tecnologiche ed economiche – universali. Questo concetto solleva una serie d’interrogativi urgenti circa lo storicismo, il romanticismo nazionalistico, l’autenticità e lo Stato-nazione; inoltre apre nuove possibilità di decostruzione delle modalità di appartenenza (spaziale-nazionale-singolare) ed identificazione, utilizzando un effetto di estraniamento. Interessato agli elementi specifici di una regione, che fungono da generatori del senso di prossimità e di comunità e che risultano essere costrutti che definiscono un luogo, il regionalismo critico li incorpora in maniera “estraniante” piuttosto che “familiare”, scardinando dunque l’“abbraccio” sentimentale tra gli edifici ed i loro abitanti e scuotendone le coscienze. Secondo Frampton, pensare in termini di regioni – come agenti attivi di resistenza – conduce all’immediatezza tangibile dell’esperienza spaziale, costituisce la risposta necessaria al clima ed alla topografia, porta un senso di realtà al significato culturale della forma architettonica e apre alla possibilità d’impiegare maestranze e competenze locali nella produzione architettonica stessa. La regione Trentino Alto Adige (come ospite di Manifesta 7), ed in particolare Rovereto (come la più piccola città nella storia di Manifesta sino ad ora) con le sue location post-industrali (le sedi espositive dell’ex-Peterlini e della Manifattura Tabacchi), diventano casi di studio nel processo di ridefinizione del vernacolare in un ambiente sociale e culturale dove le suddivisioni tra pubblico e privato sembrano essere sempre più sfumate, in precaria oscillazione tra il concetto autonomo, e non ancora costituito, di post-politico, ed una micro-struttura di costruzione di un’identità comune che, emancipandosi, va oltre lo Stato.
Inoltre, la mostra considera l’etnologia dello spazio come riferimento metodologico per analizzare il locale “minore”, concreto, piccolo, apparentemente insignificante e marginale, in un paesaggio dissestato dai ritardi della ristrutturazione e della trasformazione post-industriale. La filosofia del vernacolare di Ernst Bloch e, in particolare, la sua elaborazione del concetto di Kleinstadt, completano la mappatura della matrice interregionale delle politiche identitarie. In questo contesto la Kleinstadt appare come Modello, Figura, Struttura Primaria, uno spazio per le ambiguità e le forme dialogiche di comunicazione associate alla cultura moderna; ed il vernacolare è definito come un particolare stato mentale, una “differenza di luogo”.
Nella filosofia di Bloch, la cittadina è un’area attiva, lontana da sentimenti nostalgici e di abbandono, un luogo dinamico dove la modernità incontra le proprie contraddizioni ed elabora una propria complessa grammatica di appartenenza fisica e mentale. Bloch rivendica un concetto aperto di realtà in cui il (non-ancora) Essere è concepito come Possibilità, e la Speranza è un principio dell’Essere, una forza umana che conduce verso un futuro migliore. La speranza è chimera, ma anche docta spes, un desiderio (sostenibile) e/o, al contempo, desiderio di sostenibilità. Il progetto mira a condurci attraverso i dilemmi del principio che informa e caratterizza la nostra vita, in una dimensione permanente di passaggio tra una (concreta) utopia e la promessa di un incontro reale. Come cogliere il “non-ancora” dello sviluppo (sociale e politico) dell’Essere? Come riconoscere una traccia di speranza nel frastuono retorico che ci prospetta un futuro (già) corrotto? La speranza è il delinearsi, a livello mentale, di una proiezione (ottimista) verso parametri spazio-temporali non-ancora-definiti (o, per meglio dire, non-ancora-consapevoli); un movimento verso ciò che non è ancora stato rivelato e verso l’ignoto: “uno spazio di apparizione immaginato”, un operatore del vernacolare. Come tale, la speranza risulta essere un concetto ibrido, un mediatore tra teoria e prassi, l’attore di un’identità (anticipatrice).
Uno dei capitoli principali dell’intero progetto si focalizzerà sulle convergenze e contraddizioni del “post-politico” all’interno dello spazio pubblico, e sulla sua struttura comunitaria e sedicentemente democratica. Affrontando la crescente impossibilità di un’autonomia sociale da un lato, e di un impulso emancipatorio dall’altro, lo spazio pubblico subisce un preoccupante processo di disordine identitario: come una “struttura impotente” dall’ accesso negato, ed un’area (ancora fertile e seducente) di attivismo e d’immaginazione radicale. Questa condizione, eccessivamente semantizzata, appare come gesto sopravvalutato e luogo di tracollo, rimanendo tuttavia attrattivo come zona di potenzialità e d’impegno (incondizionato): tale è lo spazio pubblico come campo di potere, in una frizione permanente tra il diritto, la potenza e la sua fragilità latente. Il progetto offre un percorso verso metodologie di resistenza atte a negoziare la legittimità dello spazio pubblico, mescolando le topografie immaginarie di “Las ruinas circulares” di Jorge Luis Borges (un amalgama di apparenza, sogni e desideri utopici), con il “parlamento attivo” di Jacques Rancière (una ricerca per un telos comunitario all’intersezione della fine della politica, e/o dell’utopia realista).
Adam Budak
PRINCIPLE HOPE – ROVERETO
ARTISTI
Alterazioni Video, Michelangelo Antonioni, Knut Åsdam, Bernadette Corporation, Margrét H. Blöndal, Michal Budny, BURGHARD, Nina Canell, Libia Castro & Ólafur Ólafsson, Claire Fontaine, Oskar Dawicki, Evelina Deicmane, Rä di Martino, Miklós Erhardt and Little Warsaw, Igor Eskinja, Tim Etchells, fabrics interseason, Famed, Didier Fiuza Faustino, João Maria Gusmão + Pedro Paiva, Heide Hinrichs, Heidrun Holzfeind, Runa Islam, Ricardo Jacinto, Ragnar Kjartansson, Barbora Klímová, Daniel Knorr, Adam Leech, Deborah Ligorio, Miks Mitrevics, Christian Philipp Müller, Ewa Partum, Gianni Pettena, Riccardo Previdi, Philippe Rahm, Pamela Rosenkranz, Janek Simon, Luca Trevisani, Tatiana Trouvé, Uqbar Foundation, Guido van der Werve, Nico Vascellari, Danh Vo, Johannes Vogl, Stephen Willats, ZimmerFrei
featuring:
AUDITORY EPODE a cura di Tobi Maier
Florian Hecker
Anna Ostoya
the next ENTERprise
Chris Watson
Zafos Xagoraris
RADIO EPODE @ Rai FM
manifeSTATION a cura di Office for Cognitive Urbanism (Andreas Spiegl, Christian Teckert)
Azra Aksamija
Andreas Duscha
Sonia Leimer
Christian Mayer
Kamen Stoyanov
Adrien Tirtiaux
Anna Witt
MATTER OF FACT a cura di Krist Gruijthuijsen
Jeremiah Day
Renzo Martens
Olaf Nicolai
Adam Pendleton
Falke Pisano/ Will Holder
Ricardo Valentim
SOCIAL ART PRAXIS a cura di Cornelia Lauf (IUAV, Venezia)
Airswap
Aspramente
Publink
PUBBLICAZIONI
PRINCIPLE HOPE. DAYDREAMING THE REGION,
co-edited by Adam Budak and Nina Möntmann, with essays by T.J. Demos, Simon Critchley, Bernd Hüppauf, Suzana Milevska, Jochen Becker, Erden Kosova, Alan Colquhoun and Gianni Pettena, conversations between Marco de Michelis and Franco Rella, Mirko Zardini and Gianni Pettena, Nina Möntmann and Ayreen Anastas & Rene Gabri, Judith Butler and Gayatri Chakravorty Spivak, art contributions by Uqbar Foundation and Christian Philipp Müller, as well as introductions by Nina Möntmann and Adam Budak.
Editorial manager: Dan Kidner